La Sentenza n. 39279/2018 della Cassazione: Il Principio di Alterità e la Liceità dell’Uso di “Jammer” a Tutela delle Proprie Comunicazioni
Contenuto
- Introduzione: Un Principio Chiarificatore nell’Era della Sorveglianza Tecnologica sull’uso del Jammer
- Sezione 1: Inquadramento Normativo: L’Articolo 617-bis del Codice Penale
- Analisi Testuale e Bene Giuridico Protetto
- Natura di Reato di Pericolo e di Mera Condotta sull’uso del Jammer
- Sezione 2: La Sentenza n. 39279/2018 – Analisi del Caso e dell’Iter Argomentativo della Corte sull’uso del Jammer
- Ricostruzione della Fattispecie Concreta
- La Massima della Corte
- Analisi della Motivazione e il Principio di Alterità
- Sezione 3: L’Impatto sulla Giurisprudenza e le Implicazioni Pratiche sull’uso del Jammer
- Sezione 4: Analisi Dottrinale e Prospettive Evolutive
- Conclusioni sull’uso del jammer
- Domande Frequenti (FAQ)
- Autore
Introduzione: Un Principio Chiarificatore nell’Era della Sorveglianza Tecnologica sull’uso del Jammer
La sentenza n. 39279, emessa dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione in data 16 maggio 2018 e depositata il 30 agosto dello stesso anno, rappresenta una pronuncia di fondamentale importanza ermeneutica nel campo dei delitti contro l’inviolabilità dei segreti. Essa ha tracciato un confine netto e logicamente argomentato tra la condotta penalmente rilevante di aggressione alla segretezza delle comunicazioni altrui e la condotta penalmente lecita di difesa delle proprie, con specifico riferimento alla fattispecie di cui all’articolo 617-bis del codice penale.
L’intervento della Suprema Corte si colloca in un contesto socio-tecnologico caratterizzato da una crescente proliferazione di strumenti di sorveglianza, come i cosiddetti spy-software, e, di riflesso, dalla diffusione di tecnologie di controsorveglianza, quali i disturbatori di frequenze noti come jammer. In questo scenario, la pronuncia risponde a una pressante esigenza di certezza del diritto, offrendo un criterio interpretativo chiaro in un’area segnata da una rapida e costante evoluzione tecnologica.
È tuttavia indispensabile, per la corretta impostazione della presente analisi, procedere a una rettifica preliminare. Alcune banche dati e pubblicazioni accademiche associano erroneamente la sentenza in esame a tematiche inerenti al delitto di associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis c.p., e in particolare al fenomeno della ‘ndrangheta. Tale associazione è palesemente erronea. La quasi totalità delle fonti giuridiche specialistiche e delle massime ufficiali conferma in modo inequivocabile che l’oggetto esclusivo della sentenza n. 39279/2018 è l’interpretazione dell’art. 617-bis c.p. in relazione all’installazione e all’uso di un jammer. Questa precisazione metodologica è cruciale per sgombrare il campo da equivoci e per fondare l’analisi su basi fattuali e giuridiche corrette, dimostrando la necessità di un vaglio critico delle fonti anche in ambito specialistico.
Il presente elaborato procederà, pertanto, a un esame approfondito della pronuncia, partendo dall’inquadramento normativo della fattispecie incriminatrice, per poi analizzare nel dettaglio l’iter argomentativo seguito dalla Corte. Successivamente, verranno esaminati l’impatto della decisione sulla giurisprudenza successiva e le sue implicazioni pratiche, per concludere con una riflessione di carattere dottrinale sulle prospettive evolutive della tutela penale della riservatezza delle comunicazioni.
Sezione 1: Inquadramento Normativo: L’Articolo 617-bis del Codice Penale
Analisi Testuale e Bene Giuridico Protetto
L’articolo 617-bis del codice penale, rubricato “Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafoniche o telefoniche”, punisce “Chiunque, fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone”.
La ratio legis della norma, introdotta con la legge n. 98 del 1974, risiede nella volontà di apprestare una tutela anticipata al bene giuridico della libertà e della segretezza delle comunicazioni, presidiato a livello costituzionale dall’articolo 15 della Costituzione. La fattispecie incrimina atti prodromici e preparatori rispetto alla lesione effettiva del bene, che troverebbe altrimenti sanzione nel precedente art. 617 c.p.. La scelta legislativa di utilizzare una formulazione volutamente generica per l’oggetto materiale della condotta (“apparati, strumenti…”) si è rivelata particolarmente lungimirante. Questa “neutralità tecnologica” ha permesso alla norma di mantenere la propria efficacia nel tempo, adattandosi all’evoluzione tecnologica e consentendo alla giurisprudenza di sussumere sotto la fattispecie anche dispositivi impensabili all’epoca della sua introduzione, come i moderni spy-software. La stessa Cassazione, in altre pronunce, ha definito la norma una “categoria aperta, suscettibile di essere implementata per effetto delle innovazioni tecnologiche”.
Natura di Reato di Pericolo e di Mera Condotta sull’uso del Jammer
La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel qualificare il delitto in esame come un reato di pericolo astratto e di mera condotta. Ciò significa che la sua consumazione si perfeziona con la semplice installazione dell’apparecchiatura, purché questa sia oggettivamente idonea a raggiungere lo scopo di intercettare o impedire comunicazioni. Non è quindi necessario che l’apparato venga effettivamente attivato, che funzioni correttamente, né tantomeno che si verifichi una concreta intercettazione o un reale impedimento di una comunicazione. Questa configurazione normativa evidenzia la chiara intenzione del legislatore di anticipare la soglia della tutela penale a uno stadio preliminare, sanzionando il mero sorgere del pericolo per il bene giuridico protetto.
Elementi Costitutivi della Fattispecie
Gli elementi essenziali del reato sono:
- La condotta: Consiste nell’ “installazione”, termine da intendersi in senso ampio come qualsiasi attività di predisposizione, montaggio o messa in opera che renda lo strumento potenzialmente operativo.
- L’oggetto materiale: Come accennato, la dizione onnicomprensiva della norma permette di includere un’ampia gamma di dispositivi, da quelli più tradizionali come gli scanner per le frequenze radio a quelli più moderni e immateriali come i software spia.
- L’elemento soggettivo: La fattispecie è punita a titolo di dolo specifico. Per la sua integrazione non è sufficiente la coscienza e volontà di installare l’apparecchio (dolo generico), ma è richiesto che tale condotta sia animata dalla finalità specifica di “intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni […] tra altre persone”. Proprio questo requisito soggettivo funge da fondamentale “valvola di sicurezza” del sistema. In un reato di pericolo che punisce una condotta così anticipata, il dolo specifico agisce come un correttivo essenziale, evitando un’eccessiva dilatazione dell’area del penalmente rilevante. Esso sposta il baricentro dell’accertamento giudiziale dall’atto puramente materiale (l’installazione) all’intenzione dell’agente, che deve essere inequivocabilmente diretta a ledere la sfera comunicativa altrui. Sarà proprio su questo elemento che la Cassazione fonderà il suo ragionamento nella sentenza del 2018.
Sezione 2: La Sentenza n. 39279/2018 – Analisi del Caso e dell’Iter Argomentativo della Corte sull’uso del Jammer
Ricostruzione della Fattispecie Concreta
Sebbene le fonti non riportino il testo integrale della motivazione, è possibile ricostruire i tratti essenziali della vicenda processuale. Il caso riguardava un imputato condannato nei gradi di merito per il reato di cui all’art. 617-bis c.p., per aver installato e tenuto in funzione un dispositivo jammer all’interno della propria autovettura. La tesi difensiva, proposta in sede di ricorso per cassazione, verteva sul fatto che l’apparecchio non fosse finalizzato a impedire comunicazioni tra terzi, bensì a tutelare le proprie conversazioni (sia quelle tra presenti all’interno del veicolo, sia quelle telefoniche) da eventuali e temute attività di intercettazione illecita.
La Massima della Corte
Il principio di diritto enunciato dalla Sesta Sezione Penale, che costituisce il nucleo della decisione, è stato il seguente:
“Il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni, previsto dall’art. 617-bis cod. pen., si configura solo se l’installazione è finalizzata ad intercettare o impedire comunicazioni fra persone diverse dall’agente, per cui il delitto non ricorre nell’ipotesi in cui l’apparecchio jammer telefonico […] sia installato per impedire l’intercettazione di comunicazioni, sia fra presenti sia telefoniche, che riguardano anche il soggetto che predispone l’apparecchio”.
Analisi della Motivazione e il Principio di Alterità
L’iter argomentativo della Suprema Corte si fonda su una rigorosa interpretazione letterale e sistematica della norma incriminatrice.
- Il fulcro letterale e il requisito dell’alterità: La Corte ha valorizzato in modo decisivo l’inciso finale della norma, “tra altre persone”. Questo sintagma non è considerato un elemento descrittivo o pleonastico, ma il vero e proprio criterio discretivo della rilevanza penale della condotta. Il delitto sussiste solo se l’azione dell’agente è diretta verso comunicazioni a cui egli è completamente estraneo. Di conseguenza, se la finalità è quella di proteggere dall’ascolto di terzi una comunicazione di cui l’agente stesso è, o si appresta a essere, partecipe, viene a mancare un elemento essenziale della fattispecie: l’alterità della comunicazione oggetto dell’azione.
- La collocazione sistematica: A ulteriore sostegno della propria tesi, la Cassazione ha correttamente inquadrato l’art. 617-bis c.p. nel novero dei delitti contro l’inviolabilità dei segreti. Un “segreto”, per sua stessa natura logica e giuridica, è tale solo rispetto a chi non ne è partecipe o depositario. L’agente che installa un jammer per tutelare le proprie conversazioni non sta violando un segreto altrui, ma sta legittimamente proteggendo il proprio. Questa lettura è perfettamente coerente con la nozione consolidata di “intercettazione”, che presuppone la captazione occulta di un dialogo che si svolge inter alios.
Questa decisione, pertanto, opera una sorta di “depenalizzazione selettiva” basata non sullo strumento utilizzato, ma sulla finalità dell’agente. La stessa condotta materiale (installare e attivare un jammer) può essere penalmente lecita o illecita a seconda che il dolo specifico sia auto-protettivo o etero-offensivo. Ciò comporta una significativa implicazione sul piano processuale: l’onere probatorio in capo all’accusa si aggrava, dovendo essa dimostrare non solo la mera installazione del dispositivo, ma anche la specifica finalità aggressiva verso le comunicazioni di terzi. La Corte, attraverso il principio di alterità, riesce così a saldare l’interpretazione della norma penale con i principi costituzionali. La segretezza delle comunicazioni, garantita dall’art. 15 Cost., non è solo un bene da proteggere dalle aggressioni, ma è anche un diritto che include la facoltà del singolo di adottare misure tecniche per difenderlo attivamente. Punire penalmente chi si difende da una potenziale ingerenza illecita costituirebbe un paradosso sistemico che la sentenza del 2018 ha sapientemente evitato.
Sezione 3: L’Impatto sulla Giurisprudenza e le Implicazioni Pratiche sull’uso del Jammer
Il Contesto Giurisprudenziale Precedente
La sentenza del 2018 non nasce in un vuoto giurisprudenziale, ma si inserisce in un filone interpretativo già orientato a sanzionare le condotte offensive verso la sfera comunicativa altrui. Le decisioni precedenti, pur non avendo affrontato direttamente il caso del jammer difensivo, avevano costantemente posto l’accento sul requisito dell’alterità come presupposto implicito della fattispecie. Esempi significativi includono la condanna per chi installa un apparecchio per registrare le telefonate del coniuge con terzi durante una separazione, o per chi utilizza uno scanner per intercettare le frequenze radio delle forze dell’ordine. In entrambi i casi, l’agente è un soggetto terzo rispetto alla comunicazione captata. La tabella seguente sistematizza questa evoluzione, evidenziando come la sentenza del 2018 abbia reso esplicito un principio già latente.
Categoria di Condotta | Sentenza di Riferimento | Principio Affermato | Nesso con la Sentenza 39279/2018 |
Intercettazione tra Coniugi | Cass. pen. n. 12698/2003 | È reato installare un registratore per captare le telefonate del coniuge con terzi. | Conferma il focus sull’alterità: la comunicazione è “tra altre persone” (il coniuge e il terzo). |
Ascolto Forze di Polizia | Cass. pen. n. 13745/2008 | È reato installare uno scanner per intercettare le comunicazioni radio della polizia. | La comunicazione è interamente “tra altre persone” (gli operatori di polizia). |
Software Spia (Spyware) | Cass. pen. n. 15071/2019 | L’installazione occulta di spyware su un dispositivo altrui integra il reato. | L’agente è terzo rispetto a tutte le comunicazioni che transitano sul dispositivo spiato. |
Uso del Jammer scopo Difensivo | Cass. pen. n. 39279/2018 (Focus) | Non è reato se il fine è proteggere le proprie comunicazioni dall’ascolto di terzi. | Introduce esplicitamente l’esimente basata sull’assenza di alterità e sul dolo specifico auto-protettivo. |
Uso Offensivo di Jammer | Cass. pen. n. 28084/2024 | È reato se si prova che il fine era quello di impedire le comunicazioni altrui (es. polizia). | Applica e conferma il principio della 39279/2018, ma lo distingue nel merito, portando a condanna. |
Aggiornamenti e Giurisprudenza Successiva: Il Consolidamento del Principio
Il principio affermato nel 2018 ha trovato conferma nella giurisprudenza successiva, diventando un orientamento consolidato. Una recente sentenza della Cassazione (Sez. V, n. 28084 del 12 luglio 2024) ha richiamato esplicitamente la pronuncia n. 39279/2018 per ribadire che il delitto sanziona unicamente la condotta finalizzata a intercettare o impedire conversazioni altrui.
Tuttavia, questa giurisprudenza successiva agisce anche come un “test di stress” per il principio, dimostrando che esso non costituisce una scriminante automatica. Nel caso del 2024, l’imputato è stato comunque condannato perché gli elementi probatori (il disturbo delle comunicazioni radio della pattuglia che si intensificava con l’avvicinarsi del veicolo) dimostravano in modo inequivocabile che la finalità concreta non era una generica autotutela della privacy, ma l’impedimento delle comunicazioni delle forze di polizia al fine di eludere un controllo. Ciò dimostra che i giudici sono tenuti a un accertamento rigoroso in fatto del dolo specifico, distinguendo tra una finalità difensiva e una finalità illecita.
Limiti della Scriminante e Concorso con Altre Norme
È fondamentale sottolineare che la sentenza 39279/2018 non legalizza l’uso dei jammer. Essa si limita a escludere la configurabilità del reato di cui all’art. 617-bis c.p. in presenza di una finalità meramente difensiva. La condotta, tuttavia, può rimanere illecita sotto altri profili. Si delinea così una cruciale distinzione tra lo “scopo” dell’agente e l'”effetto” della sua azione.
- Rilevanza Penale Residua: Anche se lo scopo è lecito ai sensi dell’art. 617-bis, l’effetto indiscriminato di un jammer può integrare altre fattispecie. In particolare, qualora il disturbo di frequenza provochi l’interruzione delle comunicazioni di servizi di emergenza, forze dell’ordine o soccorso sanitario, può configurarsi il più grave delitto di Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, previsto dall’art. 340 c.p..
- Illeciti Amministrativi: Indipendentemente dalla rilevanza penale, l’uso, la detenzione e la commercializzazione di jammer sono quasi sempre vietati dal Codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/03), che sanziona l’uso dello spettro radio senza la necessaria autorizzazione. Tali violazioni comportano significative sanzioni amministrative pecuniarie e la confisca del dispositivo.
Sezione 4: Analisi Dottrinale e Prospettive Evolutive
La sentenza si inserisce coerentemente nel dibattito dottrinale che promuove un’interpretazione tassativa e restrittiva delle norme penali, in ossequio al principio di legalità. La decisione rafforza un modello di responsabilità penale saldamente ancorato al principio di colpevolezza, piuttosto che alla mera pericolosità oggettiva dello strumento utilizzato. La Corte si allontana da una logica che punisce la detenzione di un oggetto “pericoloso” in sé, per esigere invece la prova di una volontà colpevole effettivamente diretta all’offesa di un bene giuridico altrui.
La pronuncia opera un delicato bilanciamento di interessi: da un lato, riafferma la piena tutela penale per chiunque aggredisca la riservatezza delle comunicazioni altrui; dall’altro, riconosce uno spazio di liceità per l’autotutela della propria privacy, evitando di sanzionare condotte che, pur invasive, mirano a ripristinare un equilibrio potenzialmente violato da attività di spionaggio.
Guardando al futuro, l’approccio ermeneutico adottato dalla Cassazione, fondato sul dolo specifico e sul principio di alterità, si dimostra particolarmente robusto e flessibile. In un panorama tecnologico in continua evoluzione, con sfide emergenti come lo spoofing GPS o le intercettazioni tramite intelligenza artificiale, un’interpretazione basata sull’intenzione dell’agente piuttosto che sulla mutevole natura dello strumento tecnologico appare l’unica in grado di fornire risposte giuridiche stabili e coerenti. Tuttavia, la chiarezza con cui la sentenza delimita l’ambito applicativo dell’art. 617-bis potrebbe, come effetto indiretto, evidenziare la frammentarietà del quadro normativo complessivo. Potrebbe emergere l’esigenza di un intervento legislativo volto a introdurre una fattispecie specifica che sanzioni in modo organico il “disturbo delle comunicazioni”, per colpire quelle condotte che, pur non rientrando nelle attuali previsioni, generano un significativo allarme sociale o un pericolo concreto.
Conclusioni sull’uso del jammer
La sentenza n. 39279 del 16 maggio 2018 della Corte di Cassazione rappresenta una pietra miliare nell’interpretazione dell’art. 617-bis del codice penale. Attraverso una rigorosa analisi letterale e sistematica, la Corte ha stabilito il “principio di alterità” come criterio fondamentale per la configurabilità del reato: la condotta di installazione di apparecchiature è penalmente rilevante solo se finalizzata a intercettare o impedire comunicazioni “tra altre persone”.
Di conseguenza, è stata esclusa la punibilità per chi utilizza uno strumento di controsorveglianza, come un jammer, con il solo scopo di proteggere le proprie comunicazioni da ingerenze illecite. Questa decisione non costituisce una legalizzazione dello strumento, ma una precisa delimitazione della fattispecie penale basata sul dolo specifico dell’agente. Rimane infatti impregiudicata la possibilità di sanzionare la medesima condotta sotto altri profili normativi, sia penali (art. 340 c.p.) che amministrativi, qualora i suoi effetti ledano ulteriori beni giuridici, come la sicurezza e la funzionalità dei servizi di pubblica necessità. La pronuncia, pertanto, offre un equilibrio tra la tutela della privacy altrui e il riconoscimento di un limitato diritto all’autotutela della propria, fornendo un criterio interpretativo essenziale per orientare la giurisprudenza di fronte alle complesse sfide poste dalla tecnologia.
Domande Frequenti (FAQ)
Quando è legale usare un jammer in Italia?
È legale quando utilizzato per proteggere le proprie comunicazioni, secondo la sentenza 39279/2018.
Cosa prevede l’art. 617-bis del codice penale?
Punisce chi installa apparecchiature per intercettare comunicazioni “tra altre persone”.